21 modi per dire lockdown
Da un po’ di giorni sull’Italia aleggia un numero: 21. Non si parla di gioco d’azzardo, ma delle 21 istituzioni, Regioni e P.A., e dei criteri per stabilire il colore di una Regione e le misure di contenimento della pandemia conseguenti. È scoppiata la polemica, mai sopita, tra Presidenti locali, Conferenza Stato-Regioni e Stato sul numero e il tipo di criteri da adottare per definire lo stato di salute di un dato territorio, con la richiesta, per ora bocciata, di passare da 21 a 5 i parametri che individuano il livello di rischio.
Qualche interrogativo sorge, anche facendo la tara dei fini strettamente partitici. Per esempio, mi viene da chiedere perché solo ora vengano contestati così veementemente i 21 criteri centrali noti da aprile scorso? Su quali basi scientifiche (statistiche) i 5 criteri sarebbero sufficienti?
Potrebbe benissimo essere che 5 sia meglio di 21, ma non trovo traccia di un modello statistico che comprovi l’assunto. Un approccio empirico sarebbe utile per chiarire le cose. Il fenomeno in cui ci troviamo immersi è complesso e un eccesso di semplificazione potrebbe farci perdere la visione d’insieme e l’evoluzione del fenomeno stesso. Che non sia semplice gestire i dati necessari è evidente, come anche evidente è l’arretratezza dei sistemi informatici di raccolta e elaborazione dati messi su dalle Regioni, preoccupate negli anni passati a gestire la sanità con software da ragioneria e magazzino merci, che coprono solo una parte delle necessità. Non mi sembra ci siano stati grandi investimenti in data mining e in personale (data scientist) qualificato.
Consiglio di approfondire i 21 punti1, i 5 punti2 e il fattore $R_t$ 3.