Responsabilmente etici

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Sulla scia di alcuni argomenti toccati in un precedente post, pubblico volentieri un intervento di Tommaso M.

L’etica senza frontiera

“Il fare dell’uomo è oggi in grado di distruggere l’essere del mondo”. E’ questa la preoccupazione alla base dell’elaborazione di una filosofia pratica da parte del pensatore tedesco, naturalizzato statunitense e di origine ebraica, Hans Jonas (Mönchengladbach, 10 maggio 1903 – New York, 5 febbraio 1993). Le coordinate geografiche del suo passaggio terreno e i riferimenti temporali appaiono utili per comprendere appieno il prodotto di tanto ragionare e, soprattutto, il percorso di costruzione delle sue tesi. Figlie di un vissuto passato attraverso profonde difficoltà e pesanti esperienze emotive in giovane età, per approdare con la maturità in una nazione pioniera del progresso tecnologico e contaminata dalle tendenze capitalistiche più sregolate.

Le sue teorie paiono oggi attuali quanto sono state contemporanee, e per molti versi precorritrici, all’epoca della loro esposizione. Risale, infatti, al 1979 l’opera Il principio di responsabilità, volta alla ricerca di un’etica e di una politica adeguate alla civiltà contemporanea, ai delicati problemi morali e sociali sollevati dall’infiltrazione incessante della tecnologia in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Di straordinario impatto è l’incipit dell’autore nella prefazione del testo:

Il Prometeo irresistibilmente scatenato, al quale la scienza conferisce forze senza precedenti e l’economia imprime un impulso incessante, esige un’etica che mediante autorestrizioni impedisca alla sua potenza di diventare una sventura dell’uomo.

In altre parole: il genere umano al nostro tempo è spinto dall’economia capitalista a produrre sempre qualcosa di più e sempre qualcosa di nuovo e, grazie all’accumulo di sapere senza eguali nella storia, ha la potenza (intesa come capacità in atto) di creare e di distruggere manipolando le leggi della Natura (a questo punto non più immutabili). Le promesse della tecnica moderna si sono trasformate in minaccia. La stagione che viviamo è iperconnessa e globalizzata. Viviamo nella “società liquida”, per prendere a prestito la definizione con la quale un altro noto filosofo, Zygmunt Bauman, descrive la modernità: individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare.

Il traguardo cui l’umanità ambisce sottomettendo la Natura per perseguire la propria felicità è veramente irraggiungibile, quanto la tartaruga di Zenone che sta sempre un passo avanti ad Achille piè veloce. Una corsa che potrà fermarsi solo quando non ci sarà più nulla da superare, quando il genere umano, se non la vita stessa sulla Terra, saranno estinti. Per Hans Jonas è in gioco non solo il destino umano, inteso come sopravvivenza fisica, ma l’integrità dell’essere. L’etica, allora, che ha la funzione di salvaguardarli entrambi, deve imporre al di là della dimensione della prudenza quella del rispetto (Ehrfurcht).Egli formula un nuovo imperativo categorico per il nostro presente (indirizzato, crediamo, soprattutto a chi approfondisce e sperimenta le infinite e rischiose possibilità di manipolazione della materia):

Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra

Primum, la sopravvivenza; deinde la conoscenza. E’ sempre così nei laboratori della scienza? Là dove si manipolano le particelle di Dio, nelle provette dove si inducono mutazioni e si accelera la riproduzione di virus e batteri potenzialmente distruttivi? E se poi un eccesso di cautela ritardasse o impedisse una scoperta dagli effetti eccezionalmente positivi, come un nuovo vaccino o quella cura ancora sconosciuta?

No, la frontiera dell’etica non diverrà mai un limite alla scoperta. L’invito, valido soprattutto per i numerosi scienziati e per chi indirizza le leve finanziarie degli investimenti in ricerca, è sempre il medesimo: agire secondo scienza e coscienza. Soprattutto coscienza, perché la scienza ha dei limiti che vanno necessariamente superati per affacciarsi ogni volta su nuovi orizzonti.

Rapportino

Decisamente meglio, anche se si scoprono ancora pazienti positivi. Più tamponi si fanno, più se ne scoprono e si possono isolare. Quello che andava fatto fin dall’inizio.